MELODRAMMORE – Maurizio Cosanzo (1977)
Forse non tutti sanno che Maurizio Costanzo prima di diventare il più importante conduttore di talk show televisivi tra le tante attività passate annovera anche lavori di sceneggiatura (collaborando principalmente con Pupi Avati) e anche una regia cinematografica.
Su questa vogliamo soffermarci per tributare un omaggio con il coccodrillo a Nilla Pizzi che ci ha da poco lasciati per mondi (si spera) migliori.
Trattasi di “Melodrammore”, opera del 1977, sorta di omaggio divertito (ma talmente grossolano da diventare una vera e propria presa in giro) ai film melodrammatici.
L’inizio è curioso con Montesano che interpreta se stesso, ma in qualità di regista, intento a intervistare Amedeo Nazzari, ormai settantenne, seduti ad un tavolo con una bella bottiglia di FIUGGI a far mostra di sé. Il protagonista indiscusso del melò italiano che fu racconta alcuni episodi dei film di Matarazzo, il regista distintosi soprattutto in questo genere diventandone un maestro. Ad esempio parla della timidezza di Yvonne Sampson nelle scene di bacio e dispensa qualche consiglio al finto regista del film che andrà ad iniziare. Poi ci viene propinato un sunto corposo del film “Appassionatamente” di Giacomo Gentilomo del 1954 con protagonista proprio Nazzari e la cui storia ricalca (come convengono pure Montesano e l’Amedeo nazionale) quella de “Il padrone delle Ferriere”, classico della letteratura dell’800. Vengono riproposte le scene principali della storia di Elena sposa per motivi economici del ricco Andrea (per salvare la famiglia è costretta ad abbandonare l’amore della sua vita). I due poi arriveranno ad amarsi dopo aver sventato una losca trama ordita dal “cattivo” Andrea Checchi.
Questa è anche il canovaccio della storia del nostro film che, alla fine, dopo una prima mezzora come sopra descritto, va a cominciare. La storia de “Il padrone delle Ferriere” che è anche, più o meno, quella di “Appassionatamente”, viene riproposta in versione grottesca. Il protagonista è lo stesso Montesano nei panni di un imbranatissimo Raffaele (l’attore cerca di proporre un tipo alla Jerry Lewis ma non riesce che a presentare un’interpretazione sopra le righe per niente divertente) innamorato, non ricambiato, della contessa oversize Fran Fullenwider. La “cicciona”, in disgrazia economica nonostante il titolo nobiliare, lo sposerà perché l’uomo da lei amato le è stato carpito dall’odiata cugina Jenny Tamburi (a cui è richiesta un’interpretazione parodistica ai limiti del sopportabile).
In conclusione ci troviamo di fronte ad un’operazione sulla carta interessante ma realizzata con un pressapochismo ed un pessimo gusto totali. Non ci si diverte praticamente mai e viene totalmente cancellata nel corso della pellicola l’idea di omaggio ad un cinema popolare drammatico che la prima parte lasciava presagire.
Salviamo soltanto (e non solo perché siamo qui per ricordarla) Nilla Pizzi e Claudio Villa. I due cantanti coinvolti come caratteristi nel film interpretano l’una Regina, cameriera impicciona e divertente soprattutto per quel suo esprimersi col tipico accento bolognese e la Pizzi è interprete spigliata del carattere affidatole, il secondo interpreta invece il padre della Tamburi, tipico burino romanesco, anche lui con naturalezza e non con l’eccesso di grottesco che invece affossa il lavoro degli attori principali.
Product placement tipico del periodo con J&B e FERNET BRANCA ben in mostra su uno scaffale.
Il Fernet viene anche consigliato da Vincenzo Crocitti alla Contessa madre dopo un malore di quest’ultima in sorta di terapeutico.