TOKYO TRIBE (Sion Sono, 2014, Giappone)
Inizio dalle emozioni contrastanti quello del 32° TORINO FILM FESTIVAL che ci propone in questa prima giornata due film che dimostrano come fare cinema possa essere inteso in modo diametralmente opposto. Il grottesco, violento, ipercinetico Tokyo tribe vs. il lento, meditativo, intellettuale Adventure. Le due opere rispecchiano le sezioni in cui sono inseriti, la giovanilistica e di genere After Hours e l’autoriale e sperimentale Onde, entrambe con i loro pubblici, quello giovane e urlante la prima, quello dei cinefili più intransigenti la seconda. Sono sezioni collaterali alla principale ma sono le più interessanti per chi ancora spera di trovare qualcosa di nuovo nell’esperienza cinematografica.
Cominciamo dal giapponese Tokyo tribe, ritorno di Sion Sono ad un cinema esagerato e folle dopo le esperienze meditative a cui si era indirizzato dopo essere stato psicologicamente assai colpito dallo tsunami e dal maremoto subiti dal Giappone nel 2011.
Tratto da un manga il film racconta della lotta tra le gang che a Tokyo si sono suddivise i vari quartieri della città e che mettono da parte il loro odio per fronteggiare insieme una minaccia superiore, un pazzo yakuza (si mangia le dita mozzate dei nemici, costringe alla prostituzione ragazze innocenti, pranza con un enorme fallo verde davanti al piatto) che con gli ancor più pazzi collaboratori (il figlio che costringe giovani donne e giovani uomini a sostituire i mobili di casa e un braccio destro che è un palestrato energumeno che vorrebbe distruggere tutti gli avversari con un pene più grosso del suo…) vuole dominare la città.
Personaggi che definire grotteschi è poco, bizzarrie a non finire cominciando dal fatto che tutti i protagonisti cantano hip hop (il film a tutti gli effetti potrebbe essere considerato un musical), botte da orbi al fine, nobile, di spezzare una lancia a favore della pace e della collaborazione contro i danni della violenza e della guerra tra gli uomini.
Il divertimento è di grana grossa e sicuramente di culto per gli amanti delle efferatezze trash ma a noi sembra che il cinema di Sono che ce lo ha fatto amare in opere precedenti è sì eccessivo e bizzarro ma ben più denso e cattivo, questo ci sembra più un film simile alle cose dell’ultimo Miike che non a quelle del nostro (con molto più sesso e nudo). In realtà ci sono momenti che ci fanno riconoscere la sua mano come i lunghi piani sequenza nelle scene collettive e l’atmosfera malata della stanza in cui il figlio dello yakuza tiene segregati, immobili, i ragazzi rigorosamente nudi e coperti di polvere bianca a sostituire a tutti gli effetti tavoli, poltrone e lampade, contornati da un’atmosfera rossa che ci ricorda le follie visive di Teruo Ishii.
Product placement quasi totalmente in scrittura giapponese, riconosciamo però l’enorme DODGE VAN che scorrazza per tutto il film e, dato che il baseball fornisce le armi delle risse tra bande, non mancano i cappellini della Major League Baseball, principalmente i marchi Minnesota Twins e New York Yankees.