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CINEMA
19 Febbraio 2017 - 22:04

DIARIO VISIVO (CINEMA FRANCESE ANNI VENTI)

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Napoleon (Abel Gance, Francia, 1927)
DIARIO VISIVO (CINEMA FRANCESE ANNI VENTI)

La visione del Napoleon di Gance è tanto appagante quanto estenuante nella sua versione di più di 5 ore del restauro Brownlow.

Si tratta del kolossal che rappresenta il massimo risultato raggiunto dalla tecnica cinematografica nei trent’anni del cinema muto. Se Birth of a nation rappresentò la svolta e con quella l’inizio del linguaggio cinematografico vero e proprio uscendo dall’impasse dell’inquadratura fissa e dalla ripresa in studio che poco si discostava dalle recrudescenze teatrali, Napoleon ne rappresenta l’apoteosi e la massima espressione (dopo ci sarà la nuova svolta dell’avvento del sonoro ma quella è un’altra storia). Gance armonizza un paio di decenni di ricerche e novità nel campo mettendo assieme Griffith con il kolossal all’italiana e la monumentalità di un De Mille, la poesia del cinema nordico con le ricerche in ambito architettonico e paesaggistico del cinema tedesco e dei western americani. Il tutto frullato con la modernità del cinema d’avanguardia francese e ampliando le innovazioni tecnologiche (ad esempio legando la macchina da presa sul dorso di un cavallo o ad un oscillante pendolo gigante).

Analizzare puntualmente l’opera di Gance occuperebbe spazi talmente ampi che sicuramente Dy’s news non può permettersi. Ci limitiamo qui ad alcune suggestioni.

Il film nella versione restaurata è diviso in due parti. La prima della lunghezza di due ore e cinquanta minuti mostra l’infanzia di Napoleone, ragazzino isolato dagli altri ma già con grandi propensioni al comando e alla ribellione; il periodo rivoluzionario che Napoleone passa in disparte rispetto ai tre “dèi” Danton, Marat, Robespierre; il ritorno in Corsica in cui con la famiglia scatena l’opposizione a Paoli, colui che vuole “vendere” l’isola all’Inghilterra, ed è per questo costretto alla fuga; infine l’assedio di Tolone la cui vittoria dà a Napoleone fama per la prima impresa ottenuta grazie alle sue strategie e al suo coraggio militare.

Con sovrapposizioni e split screen Gance vivacizza l’episodio infantile della vita del futuro imperatore raggiungendo livelli di osservazione della fase di crescita che richiama il realismo di Crainquebille, Pel di carota, Gribiche. In quello “rivoluzionario” riesce a gestire la folla dell’assemblea popolare con perizia di movimenti di macchina, montaggio rapido alla Epstein e richiamando il cinema sovietico. Nei capitoli della rivoluzione corsa e della presa di Tolone invece organizza gli spazi e gira in scenari naturali con la maestria di un Ince e utilizza a fini artistici gli elementi e gli agenti atmosferici con la perizia visionaria di un Murnau (penso al paesaggio brullo della Corsica; alle corse di cavallo sulla nuda terra; alla traversata del Mediterraneo con tempesta e grosse onde in montaggio alternato con il terrore che va ad instaurarsi nella madre terra, là dove la tempesta sarà ancora più devastante; alla battaglia alle porte di Tolone in mezzo a pioggia e fango).

La seconda parte inizia dal Terrore di Robespierre con Napoleone e Josephine incarcerati in attesa di essere “decollati” fino al Termidoro, la caduta del tirannico capo della rivoluzione e la liberazione dei due protagonisti. Da questo momento inizierà la storia del loro amore fino al matrimonio e l’ascesa di Napoleone voluto da Barras per difendere la Convenzione dagli assalti degli anarchici e poi per la campagna d’Italia. Quindi due ore di film sulle vicende private del futuro imperatore con Gance che si rifà al feuilleton e al romanzesco alla Hugo guardando alle meraviglie romantiche di Griffith (ha anche una lunga attenzione su un episodio tutto sommato secondario della vita di Napoleone, cioè le “bal des victimes” del terrore, che permette al regista di esaltarsi in un orgiastico insieme di balli e corpi che si agitano mettendo a nudo seni e deretani: De Mille e Stroheim adattati alla Rivoluzione Francese).

Solo gli ultimi minuti sono dedicati all’inizio della conquista dell’impero (il film si ferma alla campagna d’Italia perché doveva essere solo il primo di sei(!), impresa non andata in porto per mancanza di finanziamenti e per la rivoluzione del sonoro) ma Gance lo fa senza risparmiarsi inventandosi il Cinemascope ante litteram. Infatti l’ultima parte è occupata dal ben noto “trittico” in cui le immagini devono essere proiettate con tre diversi apparecchi su tre schermi uniti per ottenere, appunto, un effetto panoramico. Non uno split screen ma proprio riprese contemporanee montate appositamente e da proiettarsi su tre schermi.

Un’opera unica nella storia del cinema con nessun product placement, essendo di ambientazione storica.

STEFANO BARBACINI

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