Fine anni Settanta del Novecento, George McCowan, famigerato autore alcuni anni prima dell’ecotrash Frogs, si accoda agli umori del tempo. Siamo nel periodo appena successivo all’uscita di Star wars e da poco in televisione si è conclusa la serie Spazio 1999, la versione di “serie B” di Star trek. Con mezzi irrisori e non molte idee McCowan si ispira proprio a questa cultura (tanto è vero che il protagonista è Barry Morse, una delle star di Spazio 1999) per il suo Il pianeta ribelle (The shape of things to come, 1979) ambientato in un futuro in cui, a causa di una fantomatica guerra dei robot la terra è coperta da radiazioni e la popolazione costretta a rifugiarsi sulla luna. Per sopravvivere però hanno bisogno di una soluzione che si trova solo su un pianeta particolare. Questo pianeta, in precedenza governato dall’amichevole Niki, è ora finito nelle mani di un dittatore (interpretato da un impallato Jack Palance a cui basta il ghigno naturale per apparire cattivo) che vuole dominare l’Universo. In quattro, Morse che interpreta il dr. Caball, il figlio e la bella Kim accompagnati da un robot “innamorato” della ragazza, partiranno con un’astronave per andare a liberare Niki. Il film è lento come lo era d’altronde anche Frogs, con poche invenzioni ed è evidente come McCowan fosse un appassionato di letteratura e film di genere, tramite i quali imbastiva le sue trame che prendono un po’ di qua e un po’ di là, ma evidentemente era più portato per la regia televisiva che non per il cinema. (voto 5)
Vedere un film di genere catastrofico è un po’ come quando si va a teatro per vedere le nuove versioni delle vecchie commedie. Le trame sono più o meno sempre uguali, cambia solo la messa in scena. Tutto ciò lo si può vedere recuperando Dante’s Peak (1997). Solitamente c’è sempre un avvenimento antecedente subito dall’eroe, poi c’è l’eroe (in questo caso il vulcanologo Pierce Brosnan) che subodora un pericolo imminente (il vulcano da tempo dormiente Dante’s peak che rischia di tornare in attività) e nel frattempo si innamora di una donna del luogo (in questo caso la sindaca del paese Linda Hamilton). C’è sempre un superiore o un’istituzione che gli dà del matto e non crede all’allarme e quindi c’è l’inevitabile disastro (se no non sarebbe un catastrofico) e qui le scene di distruzioni e le (di solito incredibili) peripezie per sopravvivere dei protagonisti sono ciò che differenziano i film, a seconda se sono più o meno spettacolari, più o meno inventive, con trucchi più o meno fatti bene. Nel caso del film in questione è un prodotto medio, girato da un regista medio (Roger Donaldson) che si può quindi vedere senza troppe aspettative di originalità davanti al divano dopo una faticosa giornata di lavoro, almeno non vi farà dormire… (voto 5,5) Stranamente, trattandosi di un film apocalittico, il principale product placement del film è una macchina per fare il caffè, Gaggia, mostrata in più riprese e magnificata dalla Hamilton che oltre che sindaca è anche proprietaria di un bar… Molto rilevante anche Pepsi con Mountain Dew, la Toyota, la barca Valco e un televisore Nox.
Film televisivo raccattato da un cassetto, Oscure presenze (2002) dell’anglo-australiano Brian Trenchard-Smith che da sempre scavalla tra i generi “macho” (catastrofici, action, horror, sexy), è un tipico film di fantasmi di quelli in cui una famiglia si ritrova in una casa infestata a causa di un evento violento successo molti anni prima. In questo caso la vicenda della moglie di un uomo di potere locale che ha avuto una storia con lo schiavo di colore mettendone al mondo la figlia, vicenda che ha avuto una fine tragica. La famigliola al tempo presente che ha messo tutti i propri risparmi nell’acquisto della casa senza saper nulla di ciò, appena si accorge di eventi soprannaturali chiama una troupe televisiva che si occupa di inchieste nel paranormale a cui capo vi è lo scettico Jeff Bridges. Davanti a questi eventi però anche lui deve ricredersi… Storia vista e rivista (anche la parte “metatelevisiva” con la troupe), girata in modo decisamente consono allo standard televisivo con effettacci digitali. Se dal lato visivo è praticamente inguardabile, la tensione che piano piano si genera può far evitare per qualche momento che cada la palpebra dalla visione dal divano di casa. (voto 5) Due marche giapponesi di schermi televisivi a contendersi il product placement del film, Toshiba e Sony.