Dani ha dedicato gli ultimi anni della sua vita al padre malato. Dopo la sua morte decide di partire per un lungo viaggio che la sorella gli ha regalato per ricompensarlo di tutto quello che ha fatto.

La sera prima però ha la malaugurata idea (o splendida idea, dipende dai punti di vista) di andare in un pub a mangiare dove viene adescato da una (per me) femme fatale (Milena Smit) bellissima, tatuata e mezza nuda che gli chiede se può pagarle quello che ha consumato. 

Lui lo fa e poi vorrebbe andare a casa ma lei lo convince (con fatica!) a seguirlo dove lavora per potergli ridare i soldi. Si scopre così che lavora in un laboratorio di Tatoo, gliene fa uno, scattano una Polaroid che attaccano al muro (il product placement più importante del film), se lo porta a casa e se lo tromba.

Il film avrebbe potuto finire qui. Non solo per la serata ma proprio per la storia che da questo punto prende una piega ovvia (l'arrivo del fidanzato incazzato) che lo fa deviare verso una nottata di violenza e morte che però risulta "banale" e quasi irreale rispetto ad altre nottate cinematografiche magari più incredibili ma girate in modo più realistico e con sviluppi meno ovvi. Senza contare che il regista avesse avuto il coraggio di spingersi al limite, soprattutto nella seconda parte, avrebbe potuto rendere decisamente interessante il film.

Non che la prima parte sia così realistica (a chi non capita di venire abbordato da una strafica che in cambio di un hamburger gliela da?), ma è comunque l'unica parte di film che vale la pena di vedere. E mi ha fatto venir voglia di poter tornare a cenare al pub, altro che product placement!