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CINEMA
10 Febbraio 2011 - 17:34

COCCODRILLO DY

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Omaggio a Tura Satana
COCCODRILLO DY

OMAGGIO A TURA SATANA

Faster, pussycat! Kill! Kill! – Russ Meyer (1965)

The Astrozombies – Ted V. Mikels (1968)

 

Tura Satana is dead!

La settantaduenne icona del cinema exploitation se ne è andata e già me la immagino che bussa alle porte dell’inferno con i suoi lunghi capelli nero corvino, il suo viso duro ed esotico (dovuto al meticcio sangue che incrocia quello cherokee a quello giapponese), la sua mise da motociclista-sexy-sadomaso, con quella maglietta troppo stretta per contenere le enormi appendici pettorali, che esclama: “Sono Satana, fatemi entrare” magari accompagnando il tutto con un colpo di pistola ed una smorfia di compiacimento.

Ballerina, stripper, attrice. Un solo film la consacra fissandola per sempre nell’immaginario popolare. Per sempre quando si parlerà di cinema indipendente, di cinema exploitation non si potrà evitare di pensare al suo simbolo, la Varla di “Faster, pussycat! Kill! Kill!” (1965) del maestro del “Tits & ass” Russ Meyer.

A capo della banda di violente donne che scorrazzano al volante di tre auto tra la polvere del deserto, entra di prepotenza nei desideri maschili e cinefili trovando facile disponibilità, da parte di noi spettatori-voyeur, a farsi maltrattare da cotanta (tanta…) sexy virago pur di poterne assaporare la bellezza non convenzionale.

Le tre pussycats, selvagge e fatali, incontrano tra le rocce del deserto californiano, che fu sede della setta di Manson, una sprovveduta coppia e dopo aver picchiato lui (se ne incarica Tura, con agilità da stripper e sguardo felino) sequestrano lei.

Finiranno poi in una fattoria isolata condotta da un vecchio storpio con i suoi due figli. Convinte di poter guadagnare qualcosa dalla famiglia che pare nascondere un bel gruzzolo, le ragazze cercano di sedurre i figli ma il vecchio si rivelerà più malvagio e pericoloso del previsto. Sex & violence, fighting girls, riding cars. Esemplare black & white sixty exploitation movie.

Le tre bad girls anticipano le fiere automobilistiche (tipo Motorshow dove si accostano belle e prosperose ragazze ad auto e moto da vendere) facendo entrare nel mito le tre auto che guidano. Varla/Tura Satana conduce una PORSCHE 356, Billie/Lori Williams una TRIUMPH TR3 e Rosie/Haji una MGA del 1964. Auto nuovissime all’epoca del film ed ora entrate nella leggenda come molte old fashion mobile dei sessanta.

Dopo quella pellicola rivediamo la nostra Tura ancora in parte da “cattiva”, a capo di spie internazionali capace di uccidere con spudorata facilità agenti Cia, in “The Astrozombies” (1968) del famigerato Ted V. Mikels.

Il regista, famoso perché viveva in un castello circondato da un harem di donne, è autore di cult movies di livello piuttosto basso (siamo più o meno alla stregua di un Edward Wood jr.) in cui mischia horror, sesso e fantascienza (con trucchi artigianali, gli “zombies” sono attori con maschere, di gomma, da scheletro).

The Astrozombies racconta le vicende di John Carradine, mad scientist con un idea alquanto balzana in testa, quella di creare, ridando vita ai cadaveri, automi mezzo umani e mezzo meccanici in grado di vivere nell’atmosfera extraterrestre per poterli mandare nello spazio (!).

Incredibilmente i suoi folli piani vengono presi sul serio da CIA e da spie straniere che arriveranno ad ammazzarsi fra di loro per poter catturare lo scienziato.

Tra lunghi sproloqui (fra gli agenti CIA e gli scienziati governativi e, soprattutto, fra Carradine ed il muto e deforme servitore che catechizza senza tregua informandolo dei suoi “successi” scientifici) ed altrettanto lunghe sequenze di auto che vagano per le strade allungando così, noiosamente, il metraggio del film, spicca come perla preziosa la presenza di Tura, fasciata in abiti di foggia orientaleggiante con spacchi generosi e scarpe con tacco, che comanda a bacchetta i suoi uomini e li schiaffeggia se non ubbidiscono, tortura con bruciature di sigaretta gli agenti avversari e poi li uccide con il sorriso sulle labbra tenendo in una mano la pistola e l’altra appoggiata alla polposa gamba che fuoriesce generosa dalle succinte vesti.

Il piazzamento di brand lo troviamo anche in questo film nelle auto. Quelle belle, enormi e antiquate auto americane che riportavano il nome sul lungo fianco. Alcune inquadrature sono piuttosto incomprensibili se non al solo scopo di inquadrare il nome della vettura utilizzata ed addirittura il primo omicidio del film avviene fuori campo con schizzi di sangue che vanno a macchiare proprio la scritta applicata alla fiancata. Tutto un caso? O un piacere al fornitore di auto per la pellicola?

Addio Tura, riposa in pace e divertiti nel “kickass” a tutti quei cattivi maschietti che sicuramente hai subito sottomesso tra le fiamme del tuo nuovo regno.

 

Stefano Barbacini

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