Ormai si è capito, se vogliamo vedere del body horror con i controc… bisogna affidarsi a registe donna francofone. Che l’eredità di Cronenberg venisse raccolta con questa spudoratezza dql gentil sesso non era pensabile, per fortuna una buona parte del mondo cinematografico femminile non si limita, per manifestare i propri sentimenti, istinti e rivendicazioni, a produrre un cinema parolaio, a tesi e noioso (come spesso capita) “perché il messaggio è più importante di come è mostrato…“. Anzi ultimamente sono loro le più coraggiose mentre i registi di genere maschile tendono a limitarsi e ad autocensurarsi.
Coralie Fargeat aveva già dato modo di mostrare la sua virulenza e la sua passione per il corpo e il sangue con il durissimo Revenge, ed ora, sette anni dopo quello, ci mostra questo The Substance, film che affronta il problema dell’invecchiamento e dell’irreversibilità di ricreare il passato, non in modo psicologico ma fisico. Assai fisico.
E non si fa troppi problemi a mostrare sullo schermo i corpi nudi di due donne che sono la stessa… Il primo è quello di Demi Moore nel ruolo di Elisabeth, la diva del cinema vincitrice di un premio Oscar con tanto di stella sulla Walk of Fame ed ora star della tv con un programma di esercizi fisici a tempo di musica (tipo Jane Fonda insomma) che, arrivata a 50 anni (la Moore in verità ne ha qualcuno in più…), viene licenziata dal tremendo produttore Harvey (un Dennis Quaid che invecchiando diventa sempre più simile a Malcom McDowell di cui assume anche le smorfie esagerate) e cade in depressione. Sarà avvicinata da un infermiere che le farà conoscere il metodo The substance. In pratica liquidi da iniettarsi che duplicano la persona e dal corpo, ancora bello (la Moore anche grazie a qualche correttivo è ancora bellissima e come sempre coraggiosa nel mettersi in gioco) ma in via di “rilassamento” e arrotondamento, esce una nuova lei, una bellissima ragazza. Questa sé stessa è il secondo corpo di cui parlavamo, quello praticamente perfetto di Margaret Qualley che interpreta Sue. Le due donne (“ricordati siete la stessa persona”) sono costrette però a vivere una settimana da Elisabeth e una da Sue… riuscendo ad entrare in contrasto fra loro…
Echi da testi e film del passato, naturalmente Jekyll and Hyde e Barbara il mostro di Londra, ma anche The Leech woman, ad esempio. La differenza è che in The Substance la trasformazione individuale non avviene sullo stesso corpo della protagonista ma si divide in due corpi diversi ma obbligati a restare in connessione.
La donna sfiorita che non capisce che, come le ricorda un vecchio compagno di scuola, potrebbe ancora vivere la sua vita perché resta una bella donna, e la donna giovane a cui non basta vivere una settimana su due. L’ambizione che divora e non permette alla protagonista di voler bene a… sé stessa. La bellezza e la mostruosità rischiano di coincidere.
La Fargeat gira il film con una visionarietà deformata, ingigantendo i dettagli e riempiendo lo schermo con l’ingrandimento di mosche, olive, uova, pillole, bicchieri, flaconi, aghi, ferite da ricucire, sigarette che bruciano, ma anche di dettagli dei corpi delle protagoniste e degli uomini che ne fanno da spalla e quindi mandibole che tritano molluschi, occhi, rughe, calcagni, smorfie grottesche che sembrano uscite da un quadro di Grosz, ma soprattutto orifizi, pelle martoriata e tanti culi. Quelli perfetti delle ballerine, quello di un amante di Sue, quello “decadente” di Elisabeth, quello deformato da una coscia di pollo… Sculture di carne e sangue in un’orgia visiva apocalittica finale che centrifuga quella di Society di Brian Yuzna. Uno stile molto personale con frammenti technopsichedelici. (voto 7+)
Product placement parco e mirato, macchina fotografica Canon, Coca cola e Diet coke, Telefono Huawei.