Jacques Audiard ci racconta di Malik El Djebena, ragazzetto rabbioso in un mondo troppo difficile; e che per una bravata di troppo finisce in carcere; E’ meno di un hooligan, una testa calda di 19 anni, carica di fervori adolescenziali e rancoroso per apartheid delle banlieue; impreparato alla vita e spaventato;
Temiamo anzi che questa esperienza dietro le sbarre possa volgere al peggio, che possa essere addirittura letale, ma poi, con crescente stupore, nel corso di quasi 2 ore e mezza ci rendiamo conto che stiamo assistendo all’ascesa al potere di un piccolo, (ma questa volta coscienzioso) Scarface. Malik appartiene a quella seconda generazione di Arabi/Francesi, culturalmente un mezzo sangue e questo suo superpotere gli consente di gravitare con una disinvoltura altrimenti impossibile, tra il potente clan dei corsi e il crescente gruppo degli arabi. L’istituto correttivo diventa per Malik un insostituibile stage alla delinquenza organizzata, al know-how degli affari sporchi, al gergo e al costume dei criminali; Sulle prime il realismo della cinematografia evoca un angusto social-movie ma che presto (e meno male) volge a favore di un ben più interessante piccolo film epico. Lo stesso titolo (ci ricorda l’autore) “…è un’allusione, costringe a capire qualcosa che non viene sviluppato nel film” e che devo dire è una delle cose che più affascina; C’è anche una prima rivalsa degli arabi al cinema (di la dall’Oceano solo terroristi e vittime dell’islam intransigente); qui talentuosi eletti criminali;
Malik sa osservare, tacere, ha pazienza e non commette due volte lo stesso errore; impara segretamente lo strano italiano parlato dai corsi e attende silenzioso il suo momento; Nota sul product placement: Nel microcosmo del carcere le Marlboro sono merce preziosa e tanto è il rubbish da discount francese che affolla le mensole dei detenuti; L’inespugnabile vettura antiproiettile del padrino è semplicemente chiamata “Chevrolet” e (spoiler) all’uscita del carcere Malik/Tony Montana è atteso da una colonna di fedelissimi su macchinoni neri e prestanti, una Porsche Cayenne regina tra tutte; MT